
È in questo contesto (un contesto in cui l’intellettualità brasiliana dei Vinícius de Moraes, dei Manuel Bandeira, dei Sérgio Buarque de Hollanda, dei Mário de Andrade, si legò in qualche forma al “popolare”) che nascono le quattro figlie di Carlos Chagas filho e Ana Leopoldina, tra cui Ana Margarida. E alla nascita di ciascuna di esse, Manuel Bandeira (che si autodefiniva il “poeta ufficiale” della famiglia Chagas) scriverà una piccola poesia. Ecco quella deliziosa dedicata ad Ana Margarida:
Ana – Sant’Ana – principia Maria acaba. Entre elas brilha Uma flor branca. E eis, maravilha De pureza, graça, alegria, Ana Margarida Maria.
(Anna – Sant’Anna – inizia / Maria finisce. E tra loro brilla / Un fiore bianco. Ed ecco, meraviglia / Di purezza, grazia, allegria, / Anna Margherita Maria). Una ventina di anni dopo Manuel Bandeira scrisse una versione aggiornata di questi versi: Ana Margarida era cresciuta e nel 1965 aveva inciso il suo primo long playing, “Ana Margarida” (LP Forma, FM 9, 1965). Scrive nelle note di copertina Manuel Bandeira:
“In purezza, grazia, allegria crebbe il bianco fiorellino, ed eccola ora divenuta donna e artista, cantando con voce suadente, di buon timbro e corretta intonazione, eccelle in tutte le bossas, vecchie e nuove, versatile nel perfetto adattamento a qualsiasi stile – da quello di Caymmi fino a quello di Luiz Eça e quello dell’adolescente Edu Lobo, passando per tutti i parceiros di Vinícius: Jobim, Carlos Lyra, Baden Powell e… Bach!”
E in questo modo Bandeira riscriveva la quintina:
Ana – Sant’Ana – principia Maria acaba. Entre elas brilha Uma flor branca. E eis, maravilha De expressividade e harmonia, Ana Margarida Maria.
(Anna – Sant’Anna – inizia / Maria finisce. E tra loro brilla / Un fiore bianco. Ed ecco, meraviglia / Di espressività e armonia, / Anna Margherita Maria). Il disco, sembra finalmente in via di ristampa in digitale, è una perla della bossa nova di quegli anni. Prodotto dalla “Forma” di Roberto Quartin (una storica etichetta di Rio de Janeiro, che a partire dal 1964 realizzò dischi fondamentali come Coisas di Moacir Santos o Os afrosambas di Vinícius de Moraes e Baden Powell, il cui catalogo è poi passato alla Polygram e successivamente alla Universal), vede gli arrangiamenti del grande pianista e compositore Luiz Eça, fondatore del mitico Tamba Trio, e arrangiatore di punta di quel periodo (suoi nel 1967 gli arrangiamenti del capolavoro Travessia, il long playing di debutto di Milton Nascimento) . Al disco partecipano lo stesso Tamba Trio e il Quinteto Villa-Lobos. La tracklist è composta dai seguenti brani:
Porque tinha de ser (Tom Jobim – Vinícius de Moraes) Preciso aprender a ser só (Marcos Valle – Paulo Sérgio Valle) Maysa (Luiz Eça – Ronaldo Bôscoli) Dindi (Tom Jobim – Aloysio de Oliveira) Das rosas (Dorival Caymmi) Canção do amanhecer (Edu Lobo – Vinícius de Moraes) A minha namorada (Carlos Lyra – Vinícius de Moraes) Canto Livre (Dulce Nunes – Bené Nunes)
È un lavoro estremamente raffinato, del quale Ana Margarida ancora in tempi recenti era estremamente orgogliosa: le orchestrazioni di Luiz Eça, con il quintetto di fiati, un’orchestra di violoncelli e il trio pianoforte-contrabbasso-batteria, denotano una matrice classica. Ogni brano è sottoposto a una elaborazione molto articolata, con cambi di tempo, repentine modulazioni, un sapiente gioco di pieni e di vuoti. Il suo fraseggio al piano è misuratissimo, quasi sempre a partire da elementi tematici. La parte strumentale entra in un fecondo dialogo con la voce di Ana Margarida, una voce calda e scura, che aveva immediatamente colto il senso più profondo del canto nella bossa nova: il privilegiare le tonalità gravi e le dinamiche misurate, la centralità della parola, il fraseggio melodico legato ad essa, con momenti di esplosioni espressive toccanti. Una voce e una parte strumentale che ancora oggi ci raccontano dell’origine storica della bossa nova, così legata a quell’incontro tra colto e popolare, di cui parlavamo, che si è prodotto nella Rio de Janeiro di quei decenni del Novecento. È una música popular brasileira colta, che tira dritto, senza alcuna concessione alle facili suggestioni del mercato. Il long playing si chiude con la reiterazione ossessiva della parola “canto”, dell’emozionante Canto livre, che descrive così bene la costante necessità del canto in Ana Margarida:
Se não tem sentido o meu cantar, qual o sentido de não cantar?
In quella metà degli anni ’60 così piena di trasformazioni, Ana Margarida fu una delle esponenti della seconda fase della bossa nova, e si esibì di frequente nei principali locali di Rio de Janeiro, andando però in un certo senso in controtendenza rispetto al sound più aggressivo che si andava imponendo all’epoca, come si può ben comprendere dall’ascolto del suo primo disco. Sposatasi poi con il fisico e informatico Daniel Pierre Bovet, Ana Margarida incide il suo secondo disco negli Stati Uniti (questa volta con il nome Anna Margarida), per l’etichetta californiana Vault, intitolato semplicemente “Anna” (LP Vault – # 118, 1967), uscito nel 1968, e ora ristampato in digitale dalla Essential Media Group, e facilmente reperibile su internet. La tracklist del long playing, arrangiato e diretto da Dave Roberts e prodotto da Richard Delvy, che mettiamo qui di seguito, vede in questo caso la presenza sia di pezzi brasiliani dell’epoca che di brani del pop internazionale contemporaneo.
Sonho de um carnaval (Chico Buarque de Hollanda) If we lived on top of a mountain (L. Reed – B. Mason) Canção do amanhecer (Edu Lobo – Vinícius de Moraes) Why (A. Bovet – Y. Cotti) The fool on the hill (J. Lennon – P. McCartney) Veleiro (Edu Lobo – Torquato Neto) When I look in your eyes (L. Bricusse) Tristeza de amar (Geraldo Vandré – Luiz Roberto) When you’re away from me (H. Hackady – L. Pockriss) Love is where you are (A. Bovet – Y. Cotti)
In questo secondo disco si vede il tentativo di apertura al mercato nordamericano, come accadeva per molti artisti brasiliani in quegli anni, primo tra tutti Sérgio Mendes, che Ana Margarida frequentava durante la permanenza a Los Angeles. Il sound è complessivamente più omogeneo e levigato, con una ritmica più costante, in un’alternanza tra brani in inglese (bellissima la versione di When I look in your eyes di Leslie Bricusse) e brani in portoghese (di Chico Buarque, Edu Lobo, Geraldo Vandré), nei quali la voce di Ana Margarida raggiunge in alcuni casi una ancora maggiore misura e maturità espressiva. Tra le tracce anche due sue composizioni, realizzate in collaborazione con Yanna Cotti, che in quegli anni aveva firmato dei brani con Moacir Santos. Il disco Anna è l’ultimo inciso da Ana Margarida. Successivamente si trasferirà con il marito in Italia dove continuerà ancora per un po’ l’attività di cantante (suonò più volte con Luis Agudo, il grande percussionista collaboratore di Baden Powell), avrà due figlie (Anna Francesca e Anna Paola), e a Roma svolgerà la professione di psicologa, specializzandosi nella psicoanalisi infantile, formando a sua volta generazioni di psicoterapeuti.
Ho conosciuto Ana Margarida nel 1986, quando appena diciannovenne stavo formando un gruppo di musica brasiliana con sua figlia Anna Francesca, conosciuta al C.E.B. (Centro de Estudos brasileiros di Roma). Fui subito accolto nella loro casa, dove trovai tutto quello che in quel momento cercavo, cresciuto come ero al suono delle canzoni di Vinícius, Jobim, Chico Buarque. Ricordo l’immensa discoteca, piena di titoli allora introvabili. Ricordo le prove con Anna Francesca e tutti i consigli appassionati che Ana Margarida ci dava. Nel 1994 conobbi bene Francis Hime e Olívia Hime, che passarono un periodo ospiti a casa loro. Ricordo i miei primi concerti e l’entusiasmo che Ana Margarida ci trasmetteva, come a rivivere le sue giovanili esperienze musicali. Ricordo le mie prime canzoni che – ingenuamente e irresponsabilmente – avevo composto su testi di Vinícius de Moraes, le quali lei apprezzava moltissimo. Ricordo che una volta, al termine di un concerto, lei mi fissò intensamente, come a volermi dire qualcosa di importante: probabilmente null’altro che quella sarebbe dovuta essere la mia strada, dove c’era ciò che desideravo ed amavo.
Purtroppo succede che ci si perde di vista, e l’ultima volta che ci siamo incontrati è stato nel 2009, quando ci trovammo tutti insieme a suonare e cantare Chega de saudade, in una grande festa di famiglia a Roma. Negli anni mi è capitato spesso di pensare a lei, avevo desiderio di incontrarla nuovamente. Ho sempre pensato che attraverso di lei lo spirito di quel mondo, la Rio de Janeiro degli anni d’oro della bossa nova, in qualche forma era stato trasmesso anche a me. E voglio pensare che in quello che ora faccio c’è anche molto di Ana Margarida. Nella mia eterna e inconclusa ricerca di interpreti per i miei brani “brasiliani”, avevo a un certo punto pensato che sarebbe stato bello che lei potesse tornare ad incidere, magari uno dei miei pezzi. Mi ha colpito sapere dai racconti dei familiari che, recentemente, esprimeva sempre più spesso il desiderio di tornare a cantare.
Il 3 giugno 2017, il suono della sua voce che intona Canção do amanhecer di Edu Lobo e Vinícius de Moraes, ha risuonato ancora una volta in pubblico, emozionando tutte le persone che erano accorse a salutarla nella chiesa di S. Ippolito di Roma.
Ah, não existe paz
Quando o adeus existe


Released in 1968, this Bossa nova album is a true gem. Yet, for obscure reasons, it is unfairly overlooked or simply ignored, even by
specialists. Is it because six of the ten tracks are sung in English? Anyway, a rather genuine, ethereal and serene atmosphere emerge from Ana’s voice, punctuated by the elegant and unique style of Joào Palma, one of the very best Brazlian drummers of the
Bossa nova years.
Really outstanding!!