Da Praia do Forte a Itapuã. Tutto coast to coast ripercorrendo e ritracciando la storia di questo popolo meticcio anche attraverso la danza, la lotta che dalle senzalas canta e ci racconta … La senzala era lo spazio dove vivevano “ammassati” e vigilati gli schiavi africani degli engenhos. Fu proprio questa prima forma di convivenza collettiva, dall’energica e incisiva impronta culturale africana, che favorì la nascita della società brasiliana. Al termine delle loro giornate di lavoro forzato, gli schiavi si riunivano commemorando insieme alcuni dei rituali africani, che in Brasile vennero arricchiti da tutta una serie di elementi e componenti delle numerose nazioni che si stabilirono sul territorio. Questa combinazione di fattori sarebbe alla base della nascita di un nuovo rituale, dall’impronta afro-brasiliana: la capoeira. Anticamente la capoeira era una danza praticata dagli africani tanto per distrarsi e divertirsi tra di loro in occasione delle feste popolari. “Strappati” dalle loro terre e deportati in Brasile in stato di schiavitù, gli africani – principalmente gli angolani – iniziarono a praticare capoeira non più come una danza ma vi ricorrevano per difendersi dalle atrocità che erano costretti a subire dall’uomo bianco.
Non è possibile affermare con certezza in che data o luogo avvenne la prima lotta corpo a corpo tra africani e bianchi europei, durante la quale entrambi ricorsero ai movimenti tipici della capoeira. Tuttavia, grazie ad alcuni documenti rinvenuti e recuperati, si può affermare che le prime forme di esistenza e di espressione di questa lotta/danza sul territorio brasiliano risalgono al XVII secolo esattamente lungo il litorale dello stato di Bahia, dove si registrò la più alta percentuale di africani in Brasile. Le notizie storiche di cui disponiamo confermerebbero che gli africani del quilombo dos Palmares trassero numerosi benefici apprendendo e praticando capoeira, soprattutto nelle lotte contro i loro oppressori per la rapidità, la violenza e la potenza con cui rilasciavano un colpo di piede o di gamba; così, riuscivano a godere di un sensibile vantaggio sui tre o quattro uomini del re, come erano chiamati all’epoca i soldati. Fu anche grazie alla destrezza nei loro movimenti che i quilombos dos Palmares riuscirono a resistere per più di cent’anni alle invasioni e alla distruzione dei loro villaggi. Con le prime epiche lotte dei quilombos vennero perfezionate le tecniche di combattimento, dissimulate nelle senzalas dove, davanti agli occhi del senhor do engenho, la lotta della capoeira era praticata come una danza.
In Brasile la capoeira si espanse in un contesto piuttosto ostile, in particolare nel Recôncavo baiano, nelle fazendas di Rio de Janeiro e a Pernambuco. Con la proclamazione della Repubblica, nel 1889, il maresciallo Deodoro da Fonseca, spinto dalla crescente onda di criminalità – con cui veniva identificata la capoeira – diede inizio a una campagna di lotta alla capoeira. L’11 ottobre del 1890 venne promulgata, da Sampaio Ferraz, la legge n°487 che proibiva l’attività della capoeira identificando i giovani della società, che la praticavano, come emarginati. Questa violenta campagna di persecuzione celava, in realtà, un pregiudizio unito al timore e all’ignoranza da parte di coloro che si sentivano minacciati dal consolidamento della cultura afro-brasiliana. Nonostante tutto, l’allora Presidente Getúlio Vargas, revocò la legge Sampaio Ferraz, legalizzando la capoeiragem. Tutto questo, dopo che il Presidente assistette a una rappresentazione del Mestre Bimba con i suoi allievi. Questa rappresentazione colpì Vargas per la belezza dell’arte della capoeira, concedendo licenza al Mestre Bimba per legalizzare la sua scuola, divenendo il primo Mestre che in Brasile promosse, inquadrata in un sistema di insegnamento, la capoeira. La vittoria di questa cultura così ricca e così importante costituì e costituisce ancora oggi uno degli eventi più importanti per la salvaguardia e la difesa della cultura afro-brasiliana.
La capoeira è una sola, con gingas e un numero ben determinato di tocchi e movimenti conosciuti da tutti i capoeiristi, che venne progressivamente arricchita da tutta una serie di nuove creazioni e varianti sottili sul modello di base (la capoeira Angola), ma che non modificarono i principi fondamentali su cui si fonda questa pratica. Vennero, infatti, registrate diverse espressioni stilistiche della capoeira; le più significative furono quelle carioche e soprattutto quelle baiane, tra cui si annoverano la capoeira Angola del Mestre Pastinha e la regionale baiana del Mestre Bimba. La capoeira detta regionale, di cui Mestre Bimba ne fu il principale promotore, si servì delle componenti già consolidate e adoperate dal fondatore della capoeira Angola arricchedole però con altri elementi. Capoeira Angola e Capoeira regionale baiana: si potrebbe forse dire che i due stili di capoeira sono il riflesso delle strategie che gli afro-discendenti utilizzarono rispetto alla società brasiliana. Da una parte la disponibilità a meticciarsi, espressa dalla capoeira regionale baiana, dall’altra la ricerca orgogliosa di purezza, espressa dalla capoeira Angola che afferma un’identità negra che vuole ribadire il suo legame con l’Africa e la sua storia di resistenza.
La capoeira: un’invenzione degli africani in Brasile; una pratica che si diffuse a partire dai discendenti degli africani, gli afro-brasiliani. Quello che importa sottolineare è il trionfo della capoeira, come testimone di una tra le culture più ricche e più importanti in Brasile (quella africana), che venne riconosciuta come pratica sportiva nel 1941 dal Conselho Nacional de Desportos (Consiglio Nazionale dello Sport), come patrimonio culturale brasiliano dall’Iphan (Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico Nacional – Istituto del Patrimonio Storico e Artistico Nazionale) e come patrimonio culturale dell’umanità dall’Unesco nel 2014
Berimbau me confirmou
Vai ter briga de amor
Tristeza camará…