“Pardos, nus, sem coisa alguma que lhe cobrisse suas vergonhas. Traziam arcos nas mãos e suas setas […] A feição deles é serem pardos, um tanto avermelhados, de bons rostos e bons narice, bem feitos. Andam nus, sem cobertura alguma. Nem fazem caso de encobrir ou deixar de encobrir suas vergonhas do que mostrar a cara […]”.
Il Brasile è un formidabile laboratorio di combinazioni e incontri. La diversità in Brasile non è una semplice opposizione; essa è la sintesi, non sempre ben regolare, di un’impressionante varietà di popoli, tradizioni e identità.
Le pitture rupestri sono i primi esempi della presenza di esseri umani in Brasile. Vennero realizzate da índios che vivevano nelle caverne dell’America del Sud già da 12.000 anni; vivevano di caccia e pesca, padroneggiavano il fuoco ma non il ferro … parliamo dell’era neolitica.
Quando i portoghesi arrivarono in Brasile, gli índios distribuiti sul territorio erano più di 4.000.000. La diversità culturale era piuttosto sentita e una stima approssimativa conta più di 1000 lingue differenti parlate sul territorio, tra dialetti e varianti.
I colonizzatori non considerarono mai i soggetti colonizzati come individui a pieno titolo, dotati di una propria cultura di un proprio pensiero, di propri schemi mentali. Diversi studiosi e antropologi hanno identificato nella meraviglia la reazione principale dei bianchi di fronte al Nuovo Mondo: “emozionante, potenzialmente pericoloso, momentaneamente immobilizzante […]”. La meraviglia rappresenta tutto ciò che non può essere capito e inibisce la possibilità di andare verso l’Altro, di considerarlo qualcosa di diverso … la meraviglia, come nel caso della reazione dei portoghesi di fronte alle popolazioni indigene in Brasile, si traduce nella paralisi di fronte al non conosciuto e all’inatteso; nel conquistatore questo atteggiamento porta al desiderio di fare propria la causa di tanta bellezza.
I portoghesi organizzarono, all’interno della colonia brasiliana, una società cristiana con la donna indigena, battezzata, con la madre di famiglia che si avvalse nella sua vita privata come in quella domestica, di molte tradizioni, esperienze e saggezze popolari.
L’europeo arrivato in Brasile cadeva sempre tra le braccia dell’indigena nuda; i padri gesuiti, della Compagnia di Gesù, avevano il terrore della donna indigena, mentre altri religiosi si lasciavano corrompere della sua bellezza. La donna indigena era, quindi, l’elemento di contaminazione della razza bianca. Gli europei portarono nel Nuovo Mondo gli oggetti del loro stupore: rientrando dai loro viaggi, mostravano, per denaro, gli “altri”, gli indigeni, mai visti come uomini, ma come oggetti meravigliosi di un altro mondo … un mondo di differenza.
Riflettendosi nello sguardo dell’Altro, il bianco costituisce la propria identità di dominatore; facendo leva sulla propria presunta superiorità, egli vedeva tutti gli altri come inferiori, bisognosi di civilizzazione, ancora a uno stadio infantile di sviluppo, selvaggi, animaleschi. Ma così facendo, non si accorse che per i nativi egli stesso è l’Altro.
In Brasile, i gesuiti tentarono di distruggere tutti gli elementi più preziosi della cultura indigena: tutto quello che era espressione di una cultura artistica o religiosa differente, e che era divergente rispetto alla morale cristiana imposta, venne eliminato. Il Diretório dos Índios, documento elaborato dal Marchese di Pombal nel 1758 affermò l’importanza di imporre la lingua del colonizzatore (il portoghese) come mezzo per scacciare dalle barbarie i popoli conquistati e subordinarli al principe. Era proibito per gli indigeni parlare la lingua di appartenenza. Questa politica di omogeneizzazione attraverso l’imposizione del portoghese come lingua unica e legittima, si tramutò in un’imponente glottocidio e condusse alla scomparsa dell’85% delle lingue precedentemente distribuite sul territorio.
Oggi, la popolazione indigena non supera i 300.000 abitanti: sono 210 popoli diversi e 170 lingue. L’idea che esistano índios e che questi siano tutti uguali è erronea. Questi popoli, oggi, vivono in 500 regioni diverse. Ogni popolo è un mondo a sé: musiche differenti, mitologie differenti, una storia differente, un rapporto con l’ambiente differente. Ci sono índios che vivono nella foresta e altri che si sono stabiliti in prossimità del mare …
Oggi esistono più di 20 tribù indigene sparse per il territorio brasiliano:
01 – Arara
02 – Araweté
03 – Ashaninka
04 – Asurini
05 – Bororo
06- Enawenê Nauê
07 – Guarani
08 – Juruna/Yudja
09 – Kaapor
10 – Kayapó
11 – Kalapalo
12 – Karajá
13 – Kaxinawá
14 – Krahô
15 – Mayoruna
16 – Marubo
17 – Matis
18 – Matipu
19 – Mehinako
20 – Rikbaktsa
21 – Suruí
22 – Tembé
23 – Ticuna
24 – Tiriyó
25 – Waiana Apalaí
26 – Waurá
27 – Wai Wai
28 – Waiãpi
29 – Ye’kuana
Le politiche pubbliche volte alla tutela delle lingue in Brasile, sono qualcosa di relativamente recente ma poco alla volta guadagnano spazio e importanza soprattutto a fronte di istituzioni internazionali come l’UNESCO. A partire dal 2000 è stata lanciata una politica federale di salvaguardia del patrimonio culturale e immateriale in Brasile, focalizzando l’attenzione sulle celebrazioni, forme di espressione, luoghi in cui si concentrano pratiche culturali collettive e soprattutto, sulle lingue. Nel 2006, Gilberto Gil, allora Ministro della Cultura, ha firmato la Dichiarazione universale dei Diritti Linguistici, creata a Barcellona nel 1996 e che si preoccupa della tutela delle diversità culturali come importante elemento di diffusione di un pluralismo culturale. A partire dalla Convenzione dell’UNESCO, del 2005, le politiche di promozione e tutela della diversità culturale sono state motivi di protezione del patrimonio e sviluppo economico e sociale in Brasil. Un timido processo di salvaguardia dell’Altro – dove per altro si intende l’indigeno – prende piede.