Xênia França
Xenia
Natura Musical
2017
Baiana, donna, nera. Per sviscerare tre temi di tale portata servirebbero interi trattati eppure a Xênia França, cantante degli Aláfia, bastano le tredici tracce che compongono il disco Xenia, il suo primo lavoro da solista realizzato per la Natura Musical.
Le prime note di Pra Que Me Chamas?, affidate ad un dub dai bassi rotondi e roboanti, aprono una voragine profonda e necessaria sulla cultura nera, sul senso di appartenenza, sull’importanza del sincretismo religioso che in un apoteosi musicale travolgono l’ascoltatore come uno schiaffo in pieno volto. Lascia il segno. Già solo il brano d’apertura basterebbe a decretare Xênia come uno dei migliori dischi che il duemiladiciassette ci ha regalato ma, deo gratias, il disco offre tanto altro. Preta Yayá, introdotta da una batucada dal sapore ancestrale ricolloca sul piano centrale la questione della diaspora nera, nell’eredità culturale africana. Interessante anche l’espediente poetico per cui l’universo musicale nero viene antropomorfizzata nella donna Preta Yayá.
Il tema della madre lega il brano di cui abbiamo appena detto alla successiva Minha História che con la più famosa di Chico Buarque ha in comune solo il titolo. Il brano firmato da Tibless perde in forza rispetto a quelli ascoltati finora. Le sonorità sono più elettroniche e meno dub, e alla pancia viene preferita la testa in un brano che sembra troppo studiato. Più originale è sicuramente Miragem, composta dalla stessa Xênia França, ma in realtà perché il disco si risollevi del tutto – sia dal punto di vista musicale che tematico – bisogna aspettare il brano Do Alto dove sulla tela armonica costruita dagli ottoni si adagia una storia di abbandono, di violenza e di abbandono. Una storia, insomma, che fa da minimo comune denominatore, ahimè, per la vita di molte donne in Brasile e nel mondo. Temi a parte, la cantante firma un altro brano nel disco dal titolo Perfeita Pra Você.
Toni diversi sono quelli di Garganta, una poesia di Roberta Estrela D’alva che viene recitata su una progressione di riff convulsi che, nel riprodurre le note della voce narrante, ricordano senza ombra di dubbio o som da aura di Hermeto Pascoal. Non ci è dato sapere, però, se la citazione è voluta o casuale. Tra i tanti brani inediti, c’è spazio anche per un brano già reso noto da Chico Cesar. Si tratta di una bellissima versione di Respeite Meu Cabelos, Brancos che tradotto in italiano suona così: Rispettate i miei capelli, bianchi! Dispensiamo qualsivoglia spiegazione.
Nelle potenti batucadas afro, un attimo di respiro, di distensione emotiva si percepisce in Destino, di Luiza Maita affidata esclusivamente alla voce ricca di armoniche di Xênia.
Se nella parte centrale del disco, quindi, ci si adagia appena, i suoni si fanno più rotondi, a chiudere degnamente ci pensa un brano di Lucas Cirillo, che pure firma Reach the Stars – unico brano in inglese del disco – dal titolo Breu. La composizione, assai minimalista nell’arrangiamento affidato quasi esclusivamente a dei bassi profondissimi, è un omaggio meraviglioso a Cláudia Silva, una donna nera assassinata dalla Polícia Militar di Rio de Janeiro nel 2014. L’apoteosi si ha sulle ultime battute affidate ad un canto dedicato alla orixá Nanã per chiedere protezione.
Tra molti alti e qualche basso, Xênia è un disco assai denso di contenuti, e questo è fuor di dubbio, ma è anche un lavoro intriso di riferimenti musicali, citazioni, arrangiamenti arguti che ne rendono un lavoro affascinante e gradevole. E non è un caso se fino ad ora è in loop sul mio giradischi.

