MPB4
O Sonho, a Vida, a Roda Viva!
Selo Sesc
2016
Il quartetto vocale fluminense MPB4 celebra cinquant’anni di carriera con un disco inedito. O Sonho, a Vida, a Roda Viva!, lanciato dal Selo Sesc pochi mesi fa, corona una lunga carriera di successi, nonostante i tumulti che hanno colpito l’ensamble negli ultimi anni. Antônio José Waghabi Filho, o Magro, è partito quattro anni fa lasciando un vuoto incolmabile. D’altra parte era lui l’anima lirica del gruppo. E anche Ruy Faria non c’è. Ha lasciato il gruppo per divergenze d’opinione con Miltinho. A loro posto ci sono rispettivamente Paulo Malaguti Pauleira e Dalmo Medeiros. Il gruppo MPB4 è cambiato, è vero, ma riesce ancora a camminare sulla strada dritta che Magro ha segnato. Nonostante tutto. E, anche per questo, O Sonho, a Vida, a Roda Viva! non può che essere dedicato a lui.
Retroscena a parte, questo lavoro inedito composto da tredici tracce arriva dopo ben trentadue anni da quel famoso 4 Coringas del 1984. Esclusi questi due dischi, il quartetto vocale ha sempre rivisitato brani che già appartenevano al canzoniere brasiliano. Milagre, il brano d’apertura del disco composto da Breno Ruiz e Paulo César Pinheiro, introduce dolcemente le voci del quartetto che a tratti si armonizzano su un’unica linea armonica, altre volte invece si rincorrono esattamente come i quattro facevano sulle note finali di Roda Viva di Chico Buarque. Effettivamente gli MPB4 si muovono tra passato e presente. Maxixe, ad esempio, sembra una composizione pescata da quei gloriosi anni sessanta, ssattamente come la bellissima e scanzonata Brasileia, un baião composto da Guinga, vecchio amico del grupo. Sulla stessa trama melodica si muove Ateu é Tu, una critica irriverente alle istituzioni religiose. Si spinge ancora più lontano, invece, Mario Adnet con un brano carico di reminiscenze del periodo coloniale: Valsa do baque virado
Tra i nomi illustri che hanno partecipato a questo lavoro, oltre a quelli già citati, figura anche quello di João Bosco e Vitor Ramil. Del primo è il samba Desossado, una critica non troppo velato alla precaria situazione sociale del Brasile e delle favelas. Ramil, invece, si aggrappa a temi meno sofisticati ma non per questo meno nobili, come quello dell’amore. E poi c’è Joyce Moreno con Jornal de Ontem e Renato Rocha con Trança de Cipó.
Una festa di musiche e di musicisti, insomma, che il quartetto ha condensato in un lavoro senz’altro valido, gradevole e lieve che, nonostante non si candidi ad entrare nella storia, è capace di lasciare nell’ascoltatore un piacevole senso di appagamento.

