André Mehmari, fluminense, è una delle poche persone in cui la musica può considerarsi carattere autosomico dominante, trasmesso da madre a figlio. Solo così, infatti, può spiegarsi il suo innato talento senza essere costretti a ricorrere a fenomeni paranormali.
La brillante carriera di Mehmari, infatti, inizia all’età di undici anni. A tredici già compone. A quindici insegna organo al conservatorio di São Paulo e pubblica un metodo per pianoforte. Suonare, per André, è come respirare, un atto semplice e involontario. E se alla naturalezza del gesto si aggiunge lo studio intenso, il risultato non può che essere sublime, come ogni nota che le sue dita sono in grado di produrre. Non solo al pianoforte, ma anche al bandolim, alla chitarra, al flauto, al clarinetto e così per altri 21 strumenti che André padroneggia in modo sorprendente. E poi c’è l’orecchio assoluto, ovvero la capacità di identificare la frequenza di un suono senza alcuni riferimento. Ma questa è un’altra storia.
La carriera di André, lo abbiamo detto, inizia a 11 anni ma il grande pubblico conosce solo nel 1998 grazie al Prêmio VISA de MPB Instrumental che lo vede vincitore. Da quel momento, l’agenda di Mehmari si satura di impegni che lo porteranno a girare il mondo intero, dal Giappone all’Italia. E con l’agenda, anche la sua discografia si arricchisce di sempre nuovi titoli che André produce con la sua etichetta Estúdio Monteverdi.
L’opera di Mehmari è estremamente variegata e si sposta dalla musica classica, come con Omaggio a Berio – ispirato alla composizione dell’italiano Claudio Monteverdi – al jazz, passando per la mpb, come con le parcerias con Ná Ozetti e Mônica Salmaso, solo per citarne alcune. Lontano da ogni pregiudizio musicale, la musica è un Paese senza confini, come lui stesso afferma nella nostra intervista. E, in questo, Mehmari seguace della scuola di Vila-Lobos che si è sempre divertito a passare dalla musica classica, al samba e allo choro. Dopotutto, continua André, il piano è uno strumento generoso. Come dargli torto.
Tra i suoi lavori più interessanti, sicuramente va citato il disco che racconta il concerto all’Auditório Ibirapuera in duo con Mário Laguinha del 2013 e un più recente Ouro Sobre Azul, un omaggio appassionato e appassionante al grande Ernesto Nazareth. C’è da dire che la produzione discografica di Mehmari è in continua evoluzione e si fa fatica a starci dietro. Il pianista pubblica in media – per nostra fortuna – tre o quattro dischi all’anno.
Un discorso a parte, invece, merita la collaborazione, ormai duratura, con il clarinettista italiano Gabriele Mirabassi con cui André collabora ormai da anni. Il primo incontro musicale tra i due è avvenuto con il disco MiraMari e si è rinnovato, negli anni, sui palchi di mezzo mondo.
Nel Brasile contemporaneo André Mehmari è sicuramente uno dei musicisti più brillanti, legittimo erede di quella corrente di musica strumentale che è sempre stata importantissima in Brasile, da Vila Lobos a Ernesto Nazareth, e che il pianista ci mostra con grazia e competenza. André, dopotutto, non è solo pianista raffinato, ma anche profondo conoscitore della musica del suo paese e non solo. Ascoltarlo parlare e suonare è un’esperienza così intensa e appagante che di André e della sua musica, per fortuna, non se ne ha mai abbastanza