“Sexy”, “Esotico, torrido, scintillante!”, sono gli entusiastici commenti che hanno accompagnato lo show “Oba Oba” durante la lunga tourne’ e che ha toccato le piu’ importanti citta’ statunitensi, compresa Broadway, il tempio del musical a New York. Dopo sette anni, di cui sei trascorsi in America, lo spettacolo prodotto da Franco Fontana, torna in Italia sensibilmente cambiato: non solo ballerine seminude e balli provocanti, ma anche numeri acrobatici, costumi sfarzosi, danze e canti che evocano il Brasile attraversato dalla poverta’ e dalla schiavitu’ . I sessanta componenti della compagnia brasiliana, tra cui quarantacinque ballerini, cinque cantanti e dieci musicisti, irrompono sul palcoscenico del Teatro Sistina, dove rimarranno fino al 17 ottobre per poi proseguire in altre citta’ italiane, dimenandosi al ritmo di samba, lambada, bossa nova, maculele, capocira. Sono tredici i quadri creati dal coreografo Roberto Abrahao che coprono due ore e mezza di varieta’ .
La scena utilizza pannelli di compensato sui quali e’ stata disegnata una fitta vegetazione, dei fondali di cartone che illustrano paesaggi ecologici, case popolari, luoghi di attrazione turistica. Parte del primo atto assume toni malinconici e nostalgici, sul filo della saudade. I cantanti ai lati del palcoscenico intonano melodie struggenti, mentre la scena che assomiglia al giardino dell’ Eden si riempie di uomini ghepardo, danzatori con perizoma, donne in tanga che indossano copricapo piumati. Un veloce cambio ed ecco gli interpreti con i corpi fasciati di teli di materiale grezzo, protagonisti di una suggestiva coreografia corale. Sono gli schiavi affrancati da una legge proclamata nel 1888 dalla Principessa Portoghese. Non c’ e’ spazio, per il momento, per le natiche traballanti, le parate di seni, le danze che esprimono sensualita’ e “bramosia d’ amore”. Le atmosfere, lo svolgersi del racconto, e gli arrangiamenti musicali, richiamano le grandi produzioni di Broadway. Il saggio di bravura di un suonatore di “cavalquinho”, un piccolo ukulele, e’ l’ anticamera di suoni, colori, voci e corpi che evocano il tipico folklore brasiliano. Si danza la lambada in un vortice di capriole e figure acrobatiche. C’ e’ il tributo alla bossa nova e agli anni ‘ 70, con la gigantografia di Vinicius de Moraes che viene calata dall’ alto e il pubblico che, su incitamento degli artisti, canta la “La ragazza di Ipanema” e “Tristezza”. Compare una bellissima ragazza mulatta che veste i panni di Carmen Miranda, la cantante portoghese che divento’ il simbolo del Brasile negli States. Indossa un abito di lustrini dorati e l’ inconfondibile cappello sul quale spuntano arance, mele e ananas nascoste tra i fiori. Irrompono le danzatrici di samba con i microscopici tanga che sembrano scivolare di dosso grazie agli indiavolati ancheggiamenti. Sale la tensione quando si esibiscono i danzatori nel maculele e nella capocira. Sono balli che derivano dalle arti marziali la cui abilita’ consiste nell’ evitare violenti calci che vengono sferrati dall’ avversario e i bastoni di acciaio che possono essere sostituiti da lame taglienti. Per creare l’ atmosfera ciarliera e confusionaria del Carnevale di Rio, gli artisti scendono in platea e invitano gli spettatori a unirsi alle danze. Il palcoscenico e’ occupato da ragazze che assomigliano a uccelli iridescenti grazie alla quantita’ industriale di paiellettes e piume che ornano i loro costumi. Bambini smarriti, uomini anziani che si sono spontaneamente uniti al gruppo, manager incravattati e signore ingioiellate vengono travolti dall’ energia delle ballerine che li incitano a danzare e cantare. E l’ apoteosi dalle ragazze Oba Oba che decreta la fine di un interminabile notte brasiliana.

