Il 23 e 24 marzo 2018 si è tenuto presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccio di Roma un interessantissimo workshop (“La canzone brasiliana e la bossa nova”) tenuto dal compositore, cantante e chitarrista di Niteroi, Fred Martins, che non solo è uno dei personaggi di punta della nuova generazione di autori brasiliani, che molti di noi già apprezzavano grazie alle interpretazioni di Maria Rita (Sem aviso) e Ney Matogrosso (Novamente e Tempo afora), ma è anche un profondo conoscitore di tutta la música popular brasileira, essendo stato tra l’altro uno dei trascrittori dei famigerati Songbook della Lumiar curati da Almir Chediak, che ancora oggi tutti noi usiamo, ruolo che ha posto Martins al centro di una delle problematiche più interessanti riguardo alla trasmissione culturale della musica brasiliana nel mondo: il rapporto tra oralità e scrittura, nel momento in cui il trascrittore ha la grande responsabilità di comprendere e fissare su carta l’idea essenziale dei brani, a partire dalla loro dimensione sonora. L’occasione per la realizzazione del workshop si è creata grazie a una sinergia tra la cantante Mel Freire (nel cui recente disco Clarão ha partecipato proprio Fred Martins), il chitarrista e produttore Michele Varcasia e la Scuola Popolare di Musica di Testaccio con il mio “Laboratorio Brasil”, il tutto con il patrocinio dell’Ambasciata del Brasile in Roma. Una due-giorni molto intensa in cui Fred Martins, partendo dalle sue composizioni (studiate in anticipo da tutti i partecipanti, che le hanno poi interpretate con lui), ha tracciato un percorso didattico sulla canzone brasiliana, ponendo al centro l’estetica così profondamente brasiliana della bossa nova, vista sia attraverso i suoi legami con il samba tradizionale, sia attraverso la successiva fase di modernizzazione della MPB, con l’inclusione degli stili e le modalità delle musiche “regionali”, in particolare quella del nordeste. Attraverso continui esempi di brani di samba, bossa nova e MPB suonati e cantati da lui stesso, Fred Martins ha mostrato la sua conoscenza profonda della storia della musica brasiliana, ponendo in evidenza le estetiche sottostanti a questi generi, e mettendo in luce le intime problematiche armoniche e melodico-ritmiche dei brani, forte anche della sua esperienza di trascrittore dei “monumenti” della MBP (da quelli di Noel Rosa a quelli di Chico Buarque).

Se per la generazione dei Buarque, Veloso e Gil, il “trauma” fu nel 1958 l’ascolto dell’interpretazione di Chega de saudade di João Gilberto, così qualche anno dopo, per Fred Martins un momento fondamentale fu negli anni ’70 l’ascolto di Eu vim da Bahia di Gil, sempre interpretata da João. Il suo rapporto con la musica è stato quindi segnato fin dall’inizio dall’esperienza della bossa nova: «Quando nacque la bossa nova all’epoca tutto appariva come nuovo, il modo di cantare, il modo di suonare la chitarra, i testi, il pianoforte e gli arrangiamenti di Jobim. Tutti andavano verso una radicalizzazione degli elementi, con l’idea di arrivare al “nucleo” delle cose, l’idea di arrivare al “massimo” attraverso il “minimo”, usando pochi elementi. È come se la batida di João unisse tutti gli elementi che erano già presenti nelle composizioni di Vinicius de Moraes, Tom Jobim, Carlos Lyra, con alla base l’idea che un nuovo genere di canzone potesse nascere da questo nuovo modo di suonare la chitarra, che altro non era che una maniera più “asciutta” e “essenziale” di suonare il samba». Una sintesi ritmica dove nella chitarra venivano utilizzate le figure del surdo e del tamborim, con un incremento delle tensioni nell’armonia, ma mantenendo gli elementi strutturali della tradizione del samba, visto attraverso l’estetica più “asciutta” della bossa nova.

In tutto il workshop si è percepito come per Fred Martins l’essenza più profonda della bossa nova stia nel legame con la tradizione del samba, e non a caso più volte è tornata la nota frase di João Gilberto, quel “eu faço samba”, che è un po’ la chiave interpretativa di tutto il discorso. A questo proposito Martins ha posto bene in evidenza come l’estetica della bossa nova, in cui è centrale la dimensione poetico-musicale della canzone, sia differente da quella del jazz, salvo l’attitudine, sempre presente nei brasiliani, di mescolare continuamente gli elementi e attingere da diverse culture – ovviamente anche quella nordamericana – , per creare sintesi culturali sempre nuove: «Quello che io sento è che mentre nel jazz c’è una maggiore attenzione alla performance dello strumentista, nella tradizione brasiliana, a partire dallo choro, c’è una maggiore attenzione alla composizione, e all’idea di valorizzare la melodia. E questo c’è anche nella bossa nova e in João Gilberto. João cercava di cantare come si parla, utilizzando la moderna tecnologia del microfono, creando una musica intimista, ripulita dal virtuosismo, mettendo in evidenza testo e melodia. È vero che in Brasile ci sono stati anche musicisti più vicini al jazz, ma quello era il “jazz brasiliano”».

È interessante notare che Fred Martins in gioventù studiò con Hans Joachim Koellreutter, il compositore tedesco legato alla scuola dodecafonica, vissuto in Brasile a partire dalla fine degli anni ‘30, che per alcuni anni fu anche insegnante di Tom Jobim: è stata questa, per Martins, un’esperienza di studio importante, anche se Koellreutter non fu mai particolarmente interessato alla musica popolare. A questo proposito l’idea di Martins è che anche per un compositore come Jobim, al di là dei suoi studi di ambito classico, un ruolo importante per lo sviluppo del suo linguaggio melodico-armonico lo abbia svolto il legame con la tradizione orale del samba e dello choro (che a loro volta già inglobavano aspetti della tradizione eurocolta): alcuni elementi compositivi utilizzati da Jobim erano già presenti nel samba, in autori come Nelson Cavaquinho o Cartola: «ad esempio in Luz negra di Nelson Cavaquinho c’è una grande “concentrazione” del materiale tematico, una sola cellula che Nelson ripete, trasponendola, senza sostanzialmente variarla, con un senso di economia molto grande, che poi è stato valorizzato molto nella bossa nova. Penso che Jobim, e altri autori, si avvalsero di questo senso di economia, anche negli arrangiamenti». Come si avvalsero anche di certe tensioni armoniche che erano presenti già in autori come Cartola, e a tale proposito suona Acontece, dove nell’incipit la melodia si appoggia sulla nona dell’accordo di tonica.

Ma l’elemento propulsore di tutto è sicuramente la batida de violão di João Gilberto, che dà alla chitarra bossanovistica una sua specificità che la distingue sia dallo choro che dal samba tradizionale: un uso della chitarra dove sono assenti le baixarias (i contrappunti nei bassi che nello choro sono appannaggio della chitarra 7 corde) e dove si ricerca una certa stabilità nei bassi degli accordi: «Quando João mette la quinta al basso, la fondamentale generalmente sparisce. Nella bossa nova in genere non si alternano al basso la fondamentale e la quinta dell’accordo, come accade nel samba. O si mette la fondamentale o la quinta». Nell’estetica della bossa nova si persegue sempre il “minimo”: meno movimento è “meglio”, seguendo la strada più “pulita”, stando nel groove, ma fermi come posizione armonica del basso. «La bossa nova è samba. Ma è un samba con una concentrazione e una economia di elementi. Armonicamente addiziona gli elementi, ma per poter suonare le tensioni bene è necessario “ripulire” i movimenti, per mantenere chiara la percezione».

L’altro elemento fondamentale della rivoluzione della bossa nova riguarda la vocalità. Un canto dove il ritmo e la variazione ritmica, come nella musica africana, diventano centrali. Fred Martins sottolinea come João Gilberto sia stato secondo lui influenzato dal cantante e pandeirista paraibano, Jackson do Pandeiro, che cantava accompagnandosi con il pandeiro, e creava sempre delle varizioni ritmiche nelle continue riproposizioni dei temi. Il tutto, trasposto nella bossa nova, dentro una estetica dell’intimità, all’interno di una dimensione cameristica, dove si ricercano più di frequente le tonalità vocali gravi. In questo senso – dice Martins – la bossa nova è oppositiva a una concezione in cui si crede che cantare più “alto” sia meglio. La variazione è sempre ritmica, e sottile. Sempre rapportata al tema. C’è il rispetto della composizione, in questo senso anche qui, all’interno di una estetica distante da quella del jazz, nel cui ambito spesso è considerato un comportamento “migliore” quello che tende a modificare le note del tema. Nella musica brasiliana c’è invece una grande attenzione e un grande rispetto nei riguardi della melodia.

Tutti i riferimenti che Martins fa prendono spunto da suoi brani che nelle settimane precedenti avevamo studiato nel “Laboratorio Brasil” della Scuola: il già noto Sem aviso (su testo di Francisco Bosco), che si può collocare a mezza strada tra samba e bossa nova, e di cui ha fornito due diversi tipi di armonizzazione, ognuno tendente verso uno dei due poli. Poi l’intenso samba O samba me diz, scritto con il parceiro Marcelo Diniz, che Fred dedica sempre al padre, a cui piaceva molto il samba tradizionale di Nelson Cavaquinho, Cartola, Noel Rosa e, in particolare, di Paulinho da Viola, una figura, secondo Martins, centrale, che si colloca a metà strada tra choro e samba. Un personaggio che ha rinnovato il samba, anche nei testi, “alleggerendolo”, ma mantenendo saldo il legame con la tradizione (dice Paulinho: “bella la bossa nova, ma peccato che non ci siano più le baixarias”!). E così dopo aver interpretato 14 anos di Paulinho da Viola (a minha aspiração / era ter um violão/ para me tornar sambista ) Fred ci fa sentire la sua versione di O samba me diz, canzone interpretata poi dagli allievi, sia singolarmente che coralmente come un grande samba lento, con l’ipnotico ritornello (não é feliz quem maldiz o amor) ripetuto all’infinito.

Più prossima al cosiddetto “samba sincopado” e al “samba-choro” di Geraldo Pereira è lo straordinario A filha da porta bandeira, su un testo delizioso di Alexandre Lemos, esempio di questa inscindibile relazione tra samba e bossa nova. Presentandoci il pezzo, Fred sottolinea questa importante relazione con la danza che c’è nella musica brasiliana: la stabilità del groove chitarristico (la chiarezza dello “chão”), e il gioco di spostamenti ritmici della voce: il “balanço” di João, che ritroviamo in tutte le manifestazioni musicali del Brasile. «Ascoltando João era come se ci arrivasse direttamente l’anima del Brasile, con la sua cultura popolare, negra, cabocla, india, dove tutto si mescola. Ed è una dolcezza, una tenerezza, una “sofisticazione semplice”»: la bossa nova per Fred Martins è da intendersi, in ultima analisi, come una “rivoluzione amorosa”.

E l’invito ad amare è il tema del suo brano Doceamargo, ispirato agli afro-sambas di Vinicius de Moraes e Baden Powell, sui quali si dilunga, parlando e interpretando canzoni, come ad esempio Consolação. Negli afro-sambas, spiega Martins, c’è un ritorno di quel “modalismo” che era presente nel samba originario di Bahia, che si è successivamente “tonalizzato” a Rio de Janeiro, attraverso la cultura più europea del pianoforte e dello choro. Negli afro-sambas c’è una armonia più semplice, di derivazione modale, come in alcuni brani di Dorival Caymmi. E torna lì, il mondo magico, l’adorazione della natura, tipiche del sincretismo religioso baiano. E se da un lato la musica e la chitarra di Baden Powell hanno una attitudine più verso il “fuori” rispetto a João, allo stesso tempo nei testi di Vinicius rimane questa tematica dell’amore che è centrale: «La bossa bova è una cosa dolce. La potenza vocale e dell’arrangiamento vanno lasciati da parte. Le parole di Vinicius, piene di diminutivi (amorzinho, beijinhos), sono tipiche di un linguaggio intimo e dolce. Il testo chiede queste cose “piccole”.  Tutte le sue canzoni sono incentrate sulla tematica dell’amore e dell’invito ad amare. In un modo molto diverso dal samba-canção e dal bolero, dove predominava la tematica della sofferenza d’amore, spesso inteso in senso drammatico». Vinicius era già un poeta consacrato, ma i testi delle sue canzoni hanno colorature differenti rispetto alla sua poesia “pura”. E probabilmente anche a lui arriva l’influsso di tutta una tradizione orale che era presente a Rio e in Brasile. Vinicius nelle canzoni mischia questo livello orale con la sua sapienza di scrittore: «ha l’umiltà di scendere (e – in un certo senso –  salire) nel mondo della canzone popolare». Doceamargo, scritta insieme a Marcelo Diniz, riprende in pieno questa tematica di Vinicius dell’invito ad amare.

La trasformazione della bossa nova in una direzione più “moderna”, può essere rappresentata dalla bellissima Guanabara (che molti di noi conoscevano dall’interpretazione di Paula Santoro), composta da Fred immaginando il lento andamento della barca che da Niteroi porta alla baia di Guanabara di Rio de Janeiro (o viceversa). Niteroi era qualche decennio fa una città molto verde, oggi rovinata dalla speculazione edilizia. Con le case antiche che ricordano il Portogallo. Una realtà di provincia con una influenza urbana. Cita a proposito Domingo, il primo disco di Caetano Veloso e Gal Costa, con gli arrangiamenti di Dori Caymmi, dove c’è l’idea di una bossa nova “espansa”, attraverso il ritorno del modalismo, come nel brano Onde eu nasci passa um rio, che cita come esempio. E così poi suoniamo e cantiamo tutti insieme Guanabara, in una lunghissima e ipnotica versione.

Il modalismo è presente in tutta la musica del nordeste brasiliano, che custodisce elementi arcaici, legati alla musica iberica (cita Asa Branca di Luiz Gonzaga e O ovo di Hermeto Pascoal che utilizzano scale modali tipiche di quell’area). Una cultura modale ancora molto viva, a cui hanno attinto anche compositori come Jobim e in particolare Edu Lobo. Dei brani sintomatici in questo senso sono Terra e Trilhos urbanos di Caetano Veloso, che Fred suona come esempi. In questa idea di MPB come espansione della bossa nova c’è un miscuglio di elementi: la bossa nova che include le musiche “regionali” di Bahia e del nordeste e poi la musica internazionale, se pensiamo ad esempio al percorso di Gilberto Gil.

E così passa ai suoi brani ancor più modali e influenzati dalla cultura musicale del nordeste: Poema velho (scritto con il grande e compianto poeta Manoel Gomes), una sorta di lamento, che ci fa pensare a Lamento sertanejo di Dominguinhos e Gilberto Gil. Por um fio, brano scritto con Marcelo Diniz basato su un particolare schema ritmico che ricorda il baião, per poi concludere con Novamente, una canzone composta su testo di Alexandre Lemos, che ha a che fare sia con l’influenza della musica iberica, come è evidente nell’introduzione strumentale, sia, nel ritornello, con il mondo della musica pop, con cui Fred Martins si è confrontato fin dall’inizio della sua carriera: difatti Novamente è il primo suo brano inciso nel 1999 da Ney Matogrosso, un artista sempre attento alla ricerca di nuovi autori e nuovi brani. Ed è quindi l’occasione per dire qualcosa anche sul rock brasiliano che secondo Fred ha avuto momenti molto significativi tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, con Os Mutantes, i Secos e Molhados, e poi con l’eclettismo dei Novos baianos, ma che poi con gli anni ’80 ha in un certo senso perso di identità, salvo alcune eccezioni come ad esempio Cazuza.

Si finisce con una serie di domande poste dagli allievi, a cui Fred non si sottrae. Nell’arco dei due giorni si è creato un clima caloroso e molto intimo (bossanovistico direi), nella consapevolezza di aver vissuto giorni speciali: Fred Martins ci ha portato quella speciale verità delle cose, che solo gli artisti che si sono trovati all’interno di determinati processi storico-culturali possono avere, con una disponibilità e una umiltà senza pari. A conclusione si suonano e cantano tutti insieme alcuni classici della bossa nova e del samba (A Felicidade, Brigas nunca mais, O morro não tem vez, Folhas secas, Foi um rio que passou em minha vida), per concludere ripetendo i samba di Fred, Sem aviso e O samba me diz: “hoje eu canto o que o samba me diz”, dice la canzone, e tutti noi per due giorni abbiamo in qualche modo cantato “quello che il samba ci ha detto”, attraverso le modalità della bossa nova, così sapientemente illustrateci da quel grande musicista brasiliano che è Fred Martins.

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L’ANIMA DELLA BOSSA NOVA RACCONTATA DA FRED MARTINS
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L’ANIMA DELLA BOSSA NOVA RACCONTATA DA FRED MARTINS
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Fred Martins, compositore brasiliano da tempo residente in Portogallo racconta la bossa nova, attraverso le canzoni pú celebri durante una gita romana
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