Nella storia c’è sempre posto per generali e comandanti. Nessuno, invece, ricorda i peones. Il loro ricordo si nasconde nei numeri in cui la loro identità viene disciolta. Solo a volte, un libro o un film ne ricorda le gesta.

Che venticinque mila soldati brasiliani della Febforça expedicionária brasileira – avessero partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, lo sapevano in pochi. Il ricordo di quei soldati, o di parte di essi, lo si deve oggi anche al fim Road 47 del registra brasiliano Vincente Ferraz.

La storia è quella di un manipolo di genieri impegnati, nell’inverno del ’44, a neutralizzare i campi minati tedeschi lungo la LiLocandina Road 47nea Gotica. Un incidente di percorso è il punto di partenza per un viaggio in cui i cinque sbandati incontrano, in sequenza, una postazione avanzata americana misteriosamente abbandonata, un corrispondente di guerra brasiliano, un soldato repubblichino che ha disertato e cerca di raggiungere la sua famiglia in una fattoria vicina, una pattuglia tedesca e un sergente tedesco che afferma a sua volta di voler disertare. Infine, c’è l’incontro con la strada 47 che ha impedito ai carri americani di raggiungere un paese liberato dai partigiani e sotto la minaccia di un contrattacco tedesco.

Il viaggio che più interessa, però, è quello nella complessità dell’animo umano che Ferraz sa dimostra di saper dipingere abilmente, mostrandone ogni sfumatura che variano da quella intensa della paura – come potrebbe non esserci in campo di guerra? – che inevitabilmente attanaglia il cuore dei soldati, a quella più flebile ma pur presente del coraggio. E poi c’è il senso di appartenenza dei brasiliani che spesso sbatte contro il muro dello sconforto per dover combattere una guerra lontana un oceano.  L’amicizia, la pietà, la fiducia, l’onore.

Grandi temi che però si lasciano metabolizzare facilmente. Le numerose pause di silenzio nel racconto danno il tempo di assorbire e di riflettere, offrendo allo spettatore la possibilità di immergersi a fondo nella trama, di entrare in empatia con i personaggi, di capirne le difficoltà, di intenderne le intenzioni.

Road 47 non è un film sulla guerra ma piuttosto un film sugli uomini che combattono la guerra. Il regista, è evidente, ha avuto il coraggio di spostare la telecamera dalla macro alla micro storia, dal generale al particolare. Ferraz ha avuto l’ardire – e meno male – di raccontare una storia che i libri hanno dimenticato di raccontare. Quella dei brasiliani, 5 di 25000, che hanno combattuto una guerra che a loro non apparteneva con lo stesso ardore dei partigiani e degli alleati. Di questi tempi, un messaggio simile non può che essere coraggioso.