Al secolo Antonio Pecci Filho, la madre lo ha sempre chiamato Toquinho ed è questo il nome con il quale il grande pubblico lo conosce. Artista di fama internazionale, la carriera di Toquinho è indissolubilmente legata all’Italia, se non per le chiare origini italiane, almeno per le importanti esperienze che l’artista brasiliano ha vissuto nel Belpaese. Chitarrista eccelso e compositore esperto, Toquinho si distingue per la sua straordinaria capacità di raccontare la vita in modo fresco e originale anche quando la si deve raccontare ad un bambino. Aquarela ne è la dimostrazione. Tra i suoi album più belli ricordiamo “La vita amico è l’arte dell’incontro”, “Tom, Vinicius, Toquinho, Miucha”, “Brasiliando“ – cantato in italiano e a cui siamo particolarmente legati -.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Toquinho a São Paulo ma, per motivi di tempo, non siamo riusciti a registrare la video intervista che speriamo di poter registrare in una prossima occasione. Per il momento, vi proponiamo queste brevi domande che abbiamo sottoposto a Toquinho per e-mail.
Come definiresti la MPB?
La MPB è un insieme di ritmi e tendenze musicali che riflettono l’anima sensibile di un popolo romantico, allegro e ben umorato anche davanti alle avversità.
Come è stato lavorare per tanto tempo con il maestro Vinicius de Moraes? In che modo questa collaborazione ha influenzato il tuo lavoro come musicista e compositore?
Lavorare con Vinicius è stato un continuo apprendimento, sia sul lato professionale che su quello personale. É stato uno scambio di esperienze a cui io ho contruibuito con la mia giovinezza, lui con la sua indiscutibile saggezza poetica e umana. Sono cresciuto molto come musicista e mi sono ritrovato ad essere un musicista più fiducioso nel mio lavoro.
Puoi raccontaci una storia che ricordi il tempo in cui lavoravate insieme?
Sono tante le storie che hanno consolidato un’amicizia che è andata ben oltre il solo rapporto professionale. Comporre era, per noi, un gioco vissuto al ritmo che la vita ci offriva tra viaggi, amici, donne, in un costante relax rivolto al piacere del cantare canzoni.
Hai lavorato in Italia con Giuseppe Ungaretti e Sergio Endrigo. Cosa ti lega a questo Paese e come è nata la collaborazione con Ungaretti e Endrigo?
L’Italia scorre nelle mie vene, i miei antenati sono italiani. La prima volta che sono stato in Italia, nel 1969, è stato amore a prima vista. In quel periodo, Sergio Bardotti mi invitò a partecipare ad un disco per rendere omaggio a Vinicius de Moraes, nel quale io, con la mia chitarra, facevo da filo conduttore alle canzoni cantate da Endrigo e alle poesie recitate da Ungaretti. Il disco fu molto ben accolto da pubblico e critica, tanto che vinse alcuni premi. Quando Vinicius lo ascoltò, gli piacque così tanto che mi invitò a lavorare con lui.
Hai scritto molte canzoni per bambini. Secondo te, qual è la differenza tra scrivere canzoni per gli adulti e farlo per i bambini? Quali sono le difficoltà che si incontrano nei due tipi di composizione?
Comporre per i bambini esige buon umore, sapere lavorare con il gioco senza sottovalutare l’intelligenza dei bambini, saper essere diretto nei temi e nelle melodie. I bambini non nascondono le emozioni e, per questo, bisogna trattarli con rispetto e responsabilità.
Aquarela è una delle tue canzoni più importanti. Cosa credi che abbia reso questo brano uno dei classici della MPB?
Aquarela è una canzone magica capace di coinvolgere chiunque per i temi trattati e per la cadenza melodica. Il brano parla di sogni, gioca con lo spirito inventivo di tutte le persone e mette in guardia sulla fine di tutte le cose. É la canzone che tutti desiderano avere nella propria carriera.
Come ha reagito la MPB alla dittatura militare? Qual è la storia del brano Samba de Orly?
L’oppressione ha sempre stimolato la creatività. In quel periodo di forte censura, sono state composte canzoni belle e intelligenti, simbolo di forza e libertà. Samba de Orly è stata scritta dopo un lungo periodo passato in Italia, nel 1968, al fianco di Chico Buarque, che non poteva tornare in Brasile. Alla vigilia del mio ritorno in patria gli lasciai un tema musicale. Il giorno seguente, prima di salire in aereo, Chico mi consegnò un foglio sul quale era scritta quella che sarebbe stata l’ultima strofa della canzone: Guarda come va quella vita senza proposito, Se puoi manda una buona notizia.
Quando Chico tornò in Brasile terminò di comporre il testo. Vinicius già lavorava con me e, con un pizzico di gelosia, mi chiese di leggere il testo proponendomi di cambiare il verso Chiedi perdono per la durata di questa stagione in Chiedi perdono per la mancanza un tantino forzata – (chiaro riferimento all’esilio n.d.r.). La censura, chiaramente, proibì il verso di Vinicius.